Grecia: per spegnere la miccia sembra più adatto un “sì”

Il tiro alla fune, mentre la bomba è prossima ad esplodere. Il rimpallo delle responsabilità e le ragioni delle due parti. Ma con un risultato positivo i rubinetti del credito si riapriranno più rapidamente, agevolando un ritorno alla normalità. Il ruolo prezioso della società civile
Grecia

Tra le immagini utilizzate in questi giorni per descrivere il vicolo cieco in cui ci siamo cacciati, molto efficace mi sembra quella della miccia che brucia inesorabilmente mentre i due litiganti continuano a lottare furiosamente, in un drammatico gioco di nervi. Infatti, se lo scoppio avverrà, schegge più o meno mortali ce ne saranno per tutti.

 

Già abbiamo sofferto le ferite della lotta, non solo sulle sponde del mar Egeo, ma anche in tutto il resto della zona euro, seppure con intensità diversa alle diverse latitudini: tassi di interesse inutilmente alti per finanziare il settore pubblico, con conseguente peggioramento dei servizi pubblici; restrizioni del credito per il settore privato, seguite da fallimenti, riduzioni dell’attività, perdita di posti di lavoro; rinvio di progetti essenziali per il nostro futuro (basti pensare all’ambiente, su cui la Laudato si’ ha voluto riportare l’attenzione); e, cosa non meno grave, un pericoloso ritorno di animosità tra un Paese e l’altro.

 

Ma se il sistema finanziario greco andrà incontro al collasso, che ormai si intravede pericolosamente vicino, sarà ancora peggio: in modo immediato per la Grecia, che già soffre da 7 lunghi anni una crisi di un’intensità mai vista in tempi di pace e che ora dovrà adottare ulteriori misure di emergenza, sperando che bastino a salvarla durante la caduta dal precipizio che la attende (chiusura e forse fallimento delle banche, emissione affrettata di una nuova moneta per supplire alla mancanza di euro, inarrestabili fughe di capitali e di turisti, blocco degli investimenti, chiusure di imprese, negozi, impianti turistici, e così via); ma, seppure in modo meno rapido e violento, le conseguenze saranno serie anche per gli altri partner dell’Unione, che inizieranno a vivere nel rischio che i presunti compagni di viaggio li abbandonino alle onde minacciose della speculazione finanziaria se non sapranno rimettere in ordine i conti pubblici o rilanciare il proprio sistema produttivo.

 

Molto è stato detto sugli errori fatti da ambedue le parti in questi anni. Quasi tutti oggi riconoscono che occorrevano scelte diverse: chiudere presto e con un sano realismo le partite esistenti (traduzione: un più deciso taglio del debito);  tornare a guardare al futuro grazie anche ad un coraggioso impegno rinnovatore (insomma, più decisione nel taglio dei privilegi e nelle riforme strutturali da parte di Atene); puntare a creare nuove risorse per tutti (ossia, rilancio dell’attività economica), piuttosto che contendersi litigiosamente le poche rimaste (la famigerata, controproducente, austerità).

 

Sì, ma quale delle due parti ha una responsabilità maggiore? Autorevoli commentatori la pensano diversamente a questo riguardo, e con giustificati motivi. Tuttavia, non credo che debba essere questa la ragione principale per votare “sì” o “no” se il referendum di domenica prossima si terrà. Penso piuttosto che occorra prima guardare a quanto corto è il moncone di miccia rimasto, chiedendosi in quale caso è più facile che venga spento in tempo.

 

È per questo che mi sembra più desiderabile una vittoria del “sì” alla proposta dei tre grandi creditori (Fondo Monetario Internazionale, Banca Centrale Europea, Unione Europea): riaffermata da parte greca la volontà di risolvere insieme il problema, i rubinetti del credito si riapriranno più rapidamente, agevolando un ritorno alla normalità; quanto alle clausole troppo severe contenute in quella proposta, una volta evitato il precipizio si potrà certamente ancora ridiscuterle, tanto più che gli avvenimenti e le riflessioni di questi giorni hanno fortemente danneggiato la reputazione dei sostenitori della linea dura.

 

Primum vivere (prima di tutto sopravvivere), dicevano gli antichi. E finché c’è vita c’è speranza; in questo caso speranza di trovare un percorso più giusto di uscita dalla crisi. Qui un ruolo prezioso dovrà svolgerlo anche la società civile. Al di là di quello che fanno o dicono i governi, ci sarà pure un modo di fare sapere ai nostri fratelli greci che siamo preoccupati della crisi che li attanaglia e che siamo disposti a fare la nostra parte per riaverli a pieno diritto e in buona salute al nostro fianco! Vista in questa prospettiva, la raccolta di fondi – apparentemente insignificante – promossa su Internet da uno sconosciuto giovane inglese per cercare di raccogliere quel miliardo e rotti di euro che la Grecia doveva pagare il 30 giugno è un segno molto incoraggiante.

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